Hikikomori: oltre la solitudine
Hikikomori: oltre la solitudine
Quando e perché parlare di Hikikomori? Cosa rappresenta questo disturbo e quali strategie attivare per preservare la salute dei nostri figli.
Quando parliamo di Hikikomori parliamo di isolamento sociale volontario, (Hikikomori[1] (?????? o ??????, letteralmente "stare in disparte, isolarsi",[2] dalle parole hiku "tirare" e komoru "ritirarsi"[3]).
Sul finire del secolo scorso (1998) lo psichiatra giapponese Sait? ha coniato il termine “hikikomori” per definire una particolare forma di ritiro sociale diffusa in Giappone.
Sait? elencò nel suo lavoro i segni tipici di questa sindrome: ritiro e evitamento sociale per almeno sei mesi, fobia scolare e abbandono scolastico, apatia, inversione del ritmo circadiano veglia – sonno, comportamento violento in famiglia, in particolare verso la madre. Il segno caratteristico è la autosegregazione nella propria camera di un soggetto che non mostra segnali evidenti di disagio psicologico o malattia mentale. (Teo & Alan, 2010).
È un disturbo che in italia è maggiormente in adolescenza, frequente nella fascia di età tra i 15 e i 25 anni con un incidenza media di 17 anni. In giappone, dove il fenomeno è esploso a meta anni ’80, rendendo possibile identificare più generazioni di soggetti, la media è decisamente più alta (40 anni circa), rendendolo un disturbo non direttamente classificabile come disturbo evolutivo o neuropsichiatrio.
Ad ogni modo, l’esordio sembra essere prevalentemente tra i 15 ed i 18 anni, un età dove diversi fattori entrano in gioco. Identità, differenziazione, confronto con i pari, sessualità sono solo alcuni di questi. Due fattori sembrano giocare un ruolo fondamentale nel favorire tale condizione:
1- Fragilità del Sé e Resilienza
2- Depressione esistenziale (termine che sta ad indicare non una patologia bensì una tendenza esistenziale connotata da vissuti depressivi)
Altri fattori di rischio possono essere: tendenza all’introversione; difficoltà relazionali; difficoltà della coppia genitoriale; difficoltà nell’elaborazione dei vissuti emotivi; le dinamiche famigliari sembrano avere una conformazione tipica: un padre per lungo tempo assente che, nonostante la propria disponibilità, non riesce nel presente a recuperare le relazioni familiari; una madre maggiormente legata al proprio figlio in costante ansia per se stessa e poco capace di gestire il rapporto con i propri figli.
Tentativi di riorganizzare i dati clinici in delle linee guida sono falliti, facendo ritenere l’intervento migliore alla valutazione dl singolo caso. Ad ogni modo, n unico tipo di approccio come la psicoterapia individuale o la terapia familiare non sembrano sufficienti. Con la combinazione di approcci clinici e riabilitativi diversi è possibile creare una rete di trattamento in grado di promuovere le risorse del soggetto e suo contesto familiare e sociale.
Bibliografia:
Ciufferi M. G., Mancini F. (2011). Esperienze terapeutiche con adolescenti che si isolano. In Sagliocco G. (a cura di). Hikikomori e adolescenza – Fenomenologia dell’autoreclusione. Milano – Udine: Mimesis Edizioni.
Ranieri F., Andreoli M., Bellagamba E., Franchi E.; Mancini F.; Pitti L.; Sfameni S.; Stoppielli M. (2015b). Early adolescence in social withdrawal: two hikikomori in treatment. Proceedings of the 23rd EPA Congress of Psychiatry. 2015; -European Congress of Psychiatry; MAR 28-31, 2015; Vienna. [Poster]. Elsevier Masson SAS.
Teo A.R. (2010). A New Form of Social Withdrawal: A Review of Hikikomori. International Journal of Social Psychiatry, 56(2), 178-185.