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Ha ancora senso parlare di salute mentale?

Articolo a cura del Dott. Goro Mirco

La Costituzione dell’OMS del 1948 ha definito la salute come:

Uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia o di infermità. In promozione della salute, la salute viene considerata non tanto una condizione astratta, quanto un mezzo finalizzato ad un obiettivo che, in termini operativi, si può considerare una risorsa che permette alle persone di condurre una vita produttiva sul piano individuale, sociale ed economico. La salute è una risorsa per la vita quotidiana e non lo scopo dell’esistenza. Si tratta di un concetto positivo che valorizza le risorse sociali e personali, oltre alle capacità fisiche.

Un concetto sviluppato molti anni fa che risulta ancor oggi di difficile applicazione collettiva e sociale. Come Psicologo mi sono molto spesso chiesto: Ha senso parlare ancora di "Salute Mentale"? Ha senso rimanere all'interno di quella visione cartesiana della mente come separata dal corpo? Ha senso considerare la salute solo un aspetto relativo a questa o quella condizione?

La risposta che mi sono dato, condivisa ormai da molti professionisti della salute, è NO!!!

La salute è un conceto globale, è un costrutto che deve necessariamente abbracciare l'individuo nella sua totalità. Ascoltando le parole di Gary Rodin (Noto Psicoanalista, uno dei massimi esperti di cure palliative per malati terminali), qui a Roma nel mese scorso, mi è sembrata ancora lunga la strada da percorrere per poter ambire a questo diritto sancito quasi 70 anni orsono. Un'altro grande contributo mi è stato rivelato dall'ascolto e dalla lettura di George Attwood (Psicanalista Intersoggettivo, con 50 anni di esperienza clinica con i pazienti più gravi), nel sentirlo non ho potuto che constatare quanto l'abisso della follia sia una strada percorribile da noi tutti.

Cosa ne facciamo di quella persona con diabete, perfettamente in grado di sopravvivere perchè assistita medicalmente nel migliore dei modi, che presenta difficoltà relazionali o nel luogo di lavoro a causa del suo disturbo? E cosa ne facciamo di quella persona perfettamente inserita nel tessuto economico e sociale della propria esistenza ma con un vissuto di solitudine autentica, profonda?

E ancora, perchè si debba esser considerati "GRAVI" per poter esser presi in considerazione.. per iniziare a prendersi cura di noi.

Sono quesiti quanto mai ovvi ma su cui riflettiamo forse poco, o forse non abbastanza perchè non educati alla salute. Peggio ancora non abbiamo tempo. Pensare alla salute come qualcosa da rimandare è francamente alla lunga controproducente.

Prendersi cura di noi stessi passa necessariamente attraverso la cura del nostro Sé, inteso qui come la nostra soggettività, individualità ed interezza in quanto esseri viventi, proprio nel senso di quella indivisibilità tra mente e corpo che non rispecchia più le esigenze di ognuno di noi.

La figura dello Psicologoe dello Psicoteraputa può in questo senso essere un valido supporto al proprio benessere ed alla propria salute. Non necessariamente bisogna passare per percosi di cura (a volte lunghi e faticosi), non ci si rivolge ad essi solamente per aver trattamento, perchè ritenuti "pazzi" appunto. Ci si può rivolgere anche solo per pochi incontri, per prendersi cura di Sé, per avere supporto e sostegno, chiarezza, in fasi della vita che possano portare ad un abbassamento di quel benessere che l'OMS e noi tutti riteniamo necessario per ritenerci in Salute. Per intenderci, non devi farti venire un infarto per andar dal cardiologo..

Bibliografia:

Ottawa Charter for Health Promotion. WHO, Geneva, 1986

The Abyss of Madness, George E. Atwood, 2011

Depression in the Medically Ill: An Integrated Approach, Gary Rodin, 1991


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